Le Marche sul grande schermo

In un periodo drammaticamente straordinario dove la dimensione del tempo e dello spazio assume connotazioni inconsuete, dove il terreno dell’agire personale è ridotto fra le mura domestiche e le uniche opportunità di fruizione culturale e confronto relazionale sono concesse dal digitale, la Fondazione Marche Cultura con Marche Film Commission vuole proporre attraverso le diverse fasi della storia del cinema nelle Marche, un'occasione di visione e riflessione, emozionante e onirica, come solo il cinema è capace di attivare.

Presentiamo una serie di film che hanno contribuito a costruire un immaginario delle Marche e insieme hanno fatto la storia del cinema. È un percorso a tappe che si dipana di settimana in settimana fra il sito e i canali social della Fondazione Marche Cultura: con l’analisi dei film, brevi spezzoni, spigolature e un focus sulla loro marchigianità. Ivan Antognozzi – Direttore Fondazione Marche Cultura

Cari amici – cinefili e non – questo periodo di isolamento ha concesso ad ognuno di noi tempo ed occasione per riflettere, cercare un nuovo significato dentro ogni gesto quotidiano, guardare con occhi nuovi luoghi ed eventi che fino a ieri sembravano scontati. Anche noi di Marche Film Commission in questo “nuovo tempo” abbiamo intrapreso una ricerca all’interno di noi stessi, della nostra identità e della nostra storia, andando a recuperare e cercando di dare ordine e senso compiuto a visioni e testi della filmografia “Made in Marche”  e “Made of Marche”. Battute, personaggi, ambientazioni, sequenze di film che negli anni hanno costruito l’immagine di un popolo e di un paesaggio, emergendo a fatica dalla cinematografia nazionale, confondendo spesso i propri confini con quelli di altre regioni, e spesso risultando “fuori fuoco”, generica o stereotipata eppure comunque visibile: l’immagine delle Marche nel cinema italiano. Abbiamo pensato di condividere con voi questi piccoli scorci, partendo dai primissimi esordi sul grande schermo, fino ad arrivare ai giorni nostri. Con la speranza di regalarvi un sorriso, una riflessione, e il riconoscimento di un bene comune. Seguiteci, in questi appuntamenti settimanali, e forse scoprirete uno sguardo nuovo su voi stessi e sul vostro territorio.

Buona visione e buona lettura
Anna Olivucci – Resp. Marche Film Commission – Fondazione Marche Cultura

LE MARCHE SUL GRANDE SCHERMO

(liberamente tratto da L’immagine delle Marche nel cinema italiano. Personaggi e luoghi della filmografia marchigiana di Anna Olivucci e Massimo Conti. Ed. I QUADERNI DELLA MEDIATECA – 1999)

“sullo schermo la regione, come la carta che si stampa
a Fabriano, si può vedere sempre (con occhio attento) in filigrana”.

G. Marini “Patchwork – Cento anni di cinema in
Italia – Un viaggio attraverso le regioni” ed. Finzioni – Milano 1997

STORIA DEL CINEMA E IDENTITA’ REGIONALE

Analizzando la storia del cinema italiano, un’immagine delle Marche emerge a fatica. L’idea stessa della regione marchigiana non sembra essere abbastanza caratterizzata, confondendo spesso i propri confini con quelli di altre regioni del centro Italia. L’immagine che risulta del paesaggio marchigiano e dei suoi personaggi tipici resta poco definita, e talvolta decisamente generica o stereotipata.

Da un punto di vista cinematografico insomma, le Marche non sembrano avere una particolare rilevanza e rimangono sempre un po’ “fuori fuoco”, immerse nella medietà, geografica e non solo.

Ciononostante è possibile individuare alcuni tratti caratteristici di una certa immagine cinematografica delle Marche nel discorso cinematografico composito che percorre trasversalmente la storia del cinema italiano, dal neorealismo alla commedia all’italiana, dal “nuovo cinema” degli anni Ottanta sino alla produzione più recente.

1. L’ESORDIO NEOREALISTA

Il primo sguardo ufficiale del cinema nelle Marche è sulla città di Ancona e coincide con il debutto di Luchino Visconti alla regia e con la nascita stessa del Neorealismo. Il bianco e nero prezioso che la luce della città consente di disegnare in Ossessione rimarrà unico e irripetibile: le riprese furono girate nella soleggiatissima estate del 1942, un anno prima del drammatico bombardamento aereo del 1 novembre ‘43, che trasformò per sempre – e in parte cancellò – il centro storico del capoluogo.

La poetica neorealista – che tendeva al recupero di un’autentica “densità regionale” della cultura popolare – non sembra essersi accorta adeguatamene delle Marche e, dopo Ossessione, non faranno seguito molti altri esempi di questa rilevanza

2. NEOREALISMO E MEDIETÁ   

Quasi assenti dal fenomeno cinematografico più significativo dell’immediato dopoguerra, le Marche accolgono tuttavia, dopo Ossessione, un altro grande film assimilabile all’estetica neorealista: Cielo sulla palude (1949) che valse ad Augusto Genina il premio alla migliore regia della X Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

Il film, oltre a raccontare la breve vita della santa corinaldese Maria Goretti, è innanzitutto il ritratto di un paesaggio, quell’Agro Pontino dei primi del ‘900 su cui il cielo del titolo sembra riservare solo acqua e disgrazia: “Desolata, immensa, selvaggia solitudine. […] Sinistro regno della febbre e della morte.” Con queste parole fuori campo si apre il film, disegnando lunghe panoramiche di una terra amara e difficile, catturate dalla fotografia di quello stesso G. R. Aldo (Aldo Rossano Graziati) che contribuirà col suo uso splendido del bianco e nero a rendere Miracolo a Milano, Umberto D. e La terra trema dei capolavori del neorealismo. Da questo luogo Genina parte per raccontare la vita delle persone che lo abitano, come la famiglia Goretti di Corinaldo, e i Serenelli di Paterno, due delle tante famiglie mezzadre marchigiane, emigrate per cercare miglior fortuna.

Partendo dalla geografia del luogo in cui i fatti avvengono, dove le paludi sembrano trattenere ogni possibile tentativo di eversione o riscatto, il regista fa tuttavia emergere la figura di quella bambina che sarebbe diventata santa, e lo fa in modo anticonvenzionale, costruendo un autentico melodramma rurale che ci propone una “versione agnostica” della biografia della giovane contadina corinaldese. Da questo film si può avviare una prima occasione di riflessione sulla “tipologia dei personaggi marchigiani”.
Il ”quadro caratteriale del marchigiano” nell’immaginario filmico collettivo conferma quello consolidatosi a partire dalla fine dell’ottocento nella letteratura e nella pubblicistica, prima ancora che nel cinema. I suoi tratti distintivi appaiono la mitezza, la modestia, la docilità, la discrezione, la moderazione: in una parola, la sua “medietà”. Geografica, prima di divenire etica. E, a ben vedere, persino l’immagine di Maria Goretti, e della sua santità raccontata in Cielo sulla palude, rientra in questo carattere: una santa comune (niente voci, niente visioni, niente segni divini) modesta, umile, inconsapevole, antieroica nonostante il martirio. Insomma, un’autentica “santa marchigiana“.


Marche Film Commission per il sostegno al cinema e all’audiovisivo

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