Mestieri del Cinema – Gli esercenti (parte I)

Dentro le sale: cosa significa oggi programmare film, accogliere il pubblico e custodire la relazione tra il territorio e il grande schermo

In un tempo in cui le trasformazioni del settore audiovisivo sembrano inevitabili, ascoltare chi ogni giorno tiene aperta una sala cinematografica significa mettere a fuoco un patrimonio vivo, fatto di scelte, resistenza, passione e profondo legame con il territorio.

In questa prima tappa del nostro viaggio, ci siamo fermati a Fermo, Cupra Marittima e Fano: tre realtà differenti, tre modi di immaginare e vivere il cinema. A guidarci sono le voci di Andrea Cardarelli della Sala degli Artisti di Fermo, Giovanni Casanova del Politeama di Fano e Caterina di Girolami del Cinema Margherita di Cupra Marittima. Attraverso le loro parole emerge un quadro complesso fatto di ostacoli, soddisfazioni e soprattutto di un amore incondizionato per il cinema come esperienza collettiva.

Come è nata la vostra esperienza nella gestione di questa sala cinematografica e quali elementi la rendono unica nel contesto marchigiano?

Andrea Cardarelli (Sala Artisti, Fermo): “La nostra è l’unica sala cinema in tutta Italia, forse anche in tutta Europa, che ha la volta affrescata. Questo era un locale nobiliare della fine del 1400, poi è diventata una delle quattro cappelle di San Martino, la chiesa che sta sopra la Sala degli Artisti, nel 1600. Nel 1996 il comune ha deciso di ricavare un cinema in questa sala, unendo così storia e cultura cinematografica in uno spazio davvero unico.

Giovanni Casanova (Politeama, Fano): “Il Politeama è un’azienda familiare da 100 anni e da 76 anni mantiene la stessa forma giuridica, la stessa società e lo stesso numero di iscrizione al registro delle imprese. Di strutture che hanno questa storia e questo portato culturale, molto poche sono rimaste private e aperte come la nostra. Un elemento distintivo del Politeama è la sua pianta architettonica. È stato progettato consapevolmente diverso dai teatri con pianta italiana a ferro di cavallo, di cui le Marche sono piene ma che non sono adatti alla visione cinematografica. Il Politeama ha una pianta tipica dell’epoca, con le braccia della galleria che permettono una visuale completa dello schermo e del palco. Questa struttura originale del 1925 non è mai stata modificata ed è perfetta per l’esperienza cinematografica.

Caterina Di Girolami (Cinema Margherita, Cupra Marittima): “La nostra è una storia di rinascita collettiva nata da un’esigenza pratica. Dopo diversi tentativi falliti, ci siamo attivati per ridare vita a una realtà che sembrava ormai spenta. Un gruppetto di noi ha provato diverse strategie, abbiamo visto dei segnali positivi e quindi ci siamo impegnati con più forza, dedicando più tempo e pensando a delle strategie più concrete. Il tempo ci ha dato ragione.

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L’interno della Sala degli Artisti di Fermo

Quali sono le principali difficoltà che affrontate nella gestione di una sala indipendente in un contesto provinciale?

Cardarelli: “La sfida più grande è che noi siamo l’unico cinema del centro storico, a parte il multisala che sta nella zona industriale periferica. È una situazione comune a tutti i centri piccoli, che ormai hanno pochissimi cinema. Essendo Fermo la provincia più piccola delle Marche, conciliare la qualità culturale con la sostenibilità economica è particolarmente dura. Noi siamo un circolo del cinema, perciò ci interessa fare cultura piuttosto che profitto, ma dobbiamo comunque far fronte a numerose spese di gestione come personale, affitto sala, utenze e quant’altro.

Di Girolami: “La sfida più grande è sovvertire l’idea che una sala in provincia, soprattutto in un piccolo centro, sia destinata inevitabilmente a chiudere. Non è detto che debba andare così. Non esistono ricette giuste o modelli predefiniti, ma servono fantasia, creatività e tanta passione per resistere ai trend dominanti. Lavorare in controtendenza presenta molti ostacoli, spesso complessi, ma è proprio la passione che tiene insieme tutto e ci spinge ad andare avanti nonostante le difficoltà.

Casanova: “La difficoltà principale riguarda il pubblico tra i 27 e i 45 anni, che non ha la costanza di frequentare il cinema regolarmente. Si perdono pellicole che mi piacerebbe tanto facessero parte della loro esperienza culturale. Questo pubblico risponde quando un titolo è ben pubblicizzato sui canali giusti, ma manca quella ritualità e quella costanza che invece si ritrova nel pubblico più anziano, che arriva e chiede ‘cosa mi proponi questa settimana?’. Eppure, quando un film è ben comunicato attraverso i canali giusti, i giovani rispondono con entusiasmo. Il punto è trovare un equilibrio tra promozione efficace e costruzione di un’abitudine culturale in una generazione che ha mille altre sollecitazioni.

Nella vostra programmazione si tende a dare molto risalto a film d’essai e indipendenti. Quali criteri guidano la selezione dei titoli da proporre al pubblico?

Cardarelli: “La nostra è una sala del circuito d’essai, fa parte anche del circuito di Europa Cinemas, perciò siamo attenti a una programmazione di cinema d’autore e ricercato. Organizziamo spesso incontri con registi o attori e approfondimenti critici anche prima delle proiezioni. Crediamo che sia necessario offrire film che spesso non passano nei circuiti regionali, per mostrare come il cinema cambi, si rinnovi o recuperi i classici dando loro una veste nuova. Abbiniamo anche eventi come colazioni la mattina o aperitivi, perché il cinema deve essere anche socialità e condivisione, così come era alle sue origini nel 1895.

Di Girolami: “Un aspetto fondamentale è il rapporto di fiducia che si crea con il pubblico. La sala cinematografica, soprattutto la monosala, ha questa caratteristica di essere molto vicina all’utente finale. Quando metto un film in programmazione, è come se lo consigliassi personalmente. Lo spettatore si fida perché sa che c’è uno studio dietro, che selezioni accuratamente. Questo è un grande valore aggiunto che le piattaforme di streaming non possono offrire.

Casanova: “Abbiamo notato un grande interesse per i film restaurati o di repertorio. Quando proiettiamo riedizioni, come ‘L’odio’ o ‘Amadeus’ che ho questa settimana, o ‘Il Signore degli Anelli’ nell’estate 2023, noto una duplice reazione: c’è chi è affezionato a come li ha visti originariamente e chi vuole scoprirli sul grande schermo per la prima volta. Entrambi contribuiscono a una maggiore affluenza e a un dialogo intergenerazionale molto stimolante.

L’ingresso del Cinema Margherita di Cupra Marittima (AP)

Come è cambiata la percezione del cinema in sala negli anni, soprattutto tra il pubblico giovane?

Di Girolami: “I giovani stanno tornando rispetto al periodo pre-pandemia, e sono spettatori molto attenti. Considerando che gli interessi oggi sono sempre più settoriali, non esiste più il fenomeno per cui tutti si interessano di tutto. Ci sono ragazzi particolarmente interessati ai restauri di film classici e a produzioni sperimentali, affascinate dall’esperienza immersiva della sala. Ho notato che il livello di istruzione influisce molto: una persona giovane abituata a rispondere senza filtri alle logiche del mercato, come avviene sui social, è più propensa ad andare sulle piattaforme di streaming. Chi invece ha avuto qualche input culturale dalla famiglia o dalla scuola mostra più passione e competenza per il cinema tradizionale.

Cardarelli: “Nell’ultimo anno abbiamo notato un fenomeno interessante: la sala è frequentata da  molti giovani delle scuole superiori, non i classici 25-30enni, ma proprio ragazzi dai 16 ai 20 anni. Apprezzano particolarmente che noi e le altre persone dello staff rimaniamo lì con loro dopo la proiezione per parlare del film e scambiare opinioni. È un contatto umano che in un multisala purtroppo manca, dove entri, vedi il film e poi esci senza alcuna interazione.

Casanova: “La vera difficoltà non è tanto attirare i giovani per un singolo evento, quanto far sì che frequentino la sala con regolarità, ritualmente, non solo quando esce un prodotto che li interessa particolarmente. Poi c’è la questione del prezzo che, secondo me, è secondaria. Io faccio pagare 8 euro, ma anche se fossero 10, il problema non è il costo in sé. La questione è il valore percepito dell’esperienza sociale: c’è un atteggiamento di ‘non so se mi piace e non voglio rischiare’ che dobbiamo superare.

Qual è il vostro punto di vista sull’impatto delle piattaforme di streaming sull’affluenza in sala e sulle abitudini del pubblico, considerando anche la breve permanenza di alcuni film nelle sale?

Di Girolami: “È un meccanismo limitante fin dall’inizio, a meno che non ci sia un vero amante della sala. È un handicap che ti fa quasi pensare: ‘Perché dovrei proiettarlo se tra poco sarà disponibile online?’. Spero che le associazioni di categoria affrontino seriamente questo tema.  C’è un paradosso: le piattaforme sfruttano la nostra ricerca culturale e i nostri canali promozionali per farsi pubblicità. È come se fossimo noi a fare pubblicità ai loro contenuti, ma pagando il noleggio dei film. È come il vecchio videoclip, ma a spese nostre.

Cardarelli: “Ovviamente durante il COVID si pensava che il cinema potesse andare in crisi perché, stando a casa con le piattaforme e l’aumento degli abbonati a Netflix, Prime e altri servizi, sembrava difficile. Invece, con piacere abbiamo notato che già dal 2022 questo fenomeno è cominciato a scemare. Anche da dati che abbiamo visto in alcune riunioni nazionali, le piattaforme stanno calando e c’è stato un ritorno al cinema, proprio per questo concetto di condivisione e socialità.

Casanova: “Un dato interessante pubblicato alla Mostra del Cinema di Venezia 2022 rivela che il pubblico che usa le piattaforme è sostanzialmente lo stesso che frequenta le sale. Quindi rimane un circuito chiuso di appassionati. Se si guarda la storia del cinema, ha sempre avuto un problema di fruizione di massa, indipendentemente dai supporti tecnologici disponibili nelle varie epoche. La funzione ‘di nicchia’ c’è sempre stata e sempre ci sarà, al di là dei mezzi di distribuzione. La sfida è ampliare questa nicchia.

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Interno e logo del Cinema Politeama di Fano

Qual è la vostra esperienza con la proiezione di film in lingua originale e come risponde il pubblico a questa proposta?

Cardarelli: “All’inizio qualcuno storceva il naso: ‘Ma il film è in lingua originale? Allora vengo il giorno dopo che invece è doppiato’. Ma il giorno dopo non c’era, era sempre in lingua. Con il tempo si sono abituati. Oggi quando viene qualcuno, sia giovane che adulto, non chiede nemmeno ‘Il film è in lingua?’. È diventato naturale, parte dell’identità della nostra sala.

Di Girolami: “Puntiamo molto sui film in lingua originale. Addirittura, abbiamo proiettato ‘Biancaneve‘ in lingua originale. Riceviamo risposte molto positive quando si tratta di film in inglese, ma quando proponiamo film norvegesi, giapponesi o di altre lingue con culture più distanti, anche con restauri importanti, notiamo più resistenza. A meno che non sia un film famosissimo, in quel caso c’è il gusto di scoprirla da una prospettiva diversa, più autentica.

Casanova: “La nostra generazione è molto più cosmopolita rispetto a quella dei nostri nonni e padri, quindi l’apprezzamento per le proiezioni in lingua originale sta crescendo notevolmente. Io la programmo ogni settimana con ottimi risultati. È anche un modo per differenziarci dalle grandi catene e offrire un’esperienza più vicina alle intenzioni originali dei registi.

Potreste condividere alcuni dei momenti più significativi, sia difficili che gratificanti, vissuti nella gestione della vostra sala?

Cardarelli : “Uno dei momenti più belli è stato il 26 settembre quando abbiamo ospitato Maura Delpero, regista di ‘Vermiglio‘. Lei è stata per sei mesi a Fermo, proprio di fronte alla Sala degli Artisti. Siamo riusciti ad organizzare il debutto pubblico con lei presente, dopo che il film era stato candidato a rappresentare l’Italia agli Oscar. La cosa più brutta, a parte il periodo del COVID, forse è stata vedere che alcuni film in cui credevamo molto hanno attirato meno pubblico di quanto sperassimo.

Di Girolami: “La sfida più grande, ma anche quella che mi dà più soddisfazione, è puntare su un film sottovalutato dalla grande distribuzione meno pubblicizzato. Quando scopri un’opera di valore che non ha ricevuto adeguata promozione e tu ci credi. Penso, ad esempio, a titoli come  ‘Tre manifesti a Ebbing, Missouri‘ o a ‘L’insulto‘, film palestinese. Sono film che non erano stati promossi adeguatamente, ma quando vedi che il pubblico accetta il tuo consiglio e apprezza la qualità, c’è una grande gratificazione personale. Il momento più difficile, invece, sarà il 2025 quando dovremo chiudere la sala per alcuni mesi per necessari lavori strutturali. Siamo preoccupati per la discontinuità che questo creerà.

Casanova: “Ricevere il Premio Speciale ANEC dedicato alle “Sale del centenario” è stato un bel momento davvero emozionante. Sono andato a Sorrento, era presente anche il presidente dell’ANICA, il direttore della Marche Film Commision, Francesco Gesualdi e il Presidente della Fondazione Marche Cultura, Andrea Agostini. La loro presenza e il riconoscimento ottenuto sono stati motivi di grande orgoglio. Un’altra soddisfazione significativa è stata la continuità della stagione 2023-2024 e l’aver scommesso sul film d’animazione ‘Il ragazzo e l’airone‘. Siamo stati la prima sala marchigiana a proiettarlo e l’unica per un mese, con una risposta straordinaria del pubblico.

Quali strategie adottate per coinvolgere il pubblico e mantenere viva l’esperienza cinematografica? E come immaginate il futuro delle sale indipendenti?

Cardarelli: “Bisogna investire nella qualità dell’esperienza, offrendo una visione più accogliente, con un proiettore all’avanguardia, una buona acustica e poltrone confortevoli. La sala deve diventare uno spazio polifunzionale, non limitato alla sola proiezione di film. Dovrebbe restare aperta forse anche tutto il giorno, ospitare concerti ed eventi musicali, incontri di approfondimento cinematografico, masterclass, progetti di critica, laboratori pomeridiani. Credo che organizzare elementi conviviali come colazioni o aperitivi possa essere una mossa vincente, così come l’apertura alle nuove tecnologie. Il Festival di Venezia da alcuni anni propone anche attività con film in realtà virtuale. Non so se il futuro del cinema sarà questo, però non possiamo chiuderci al progresso tecnologico.

Di Girolami: “Nel mio mondo ideale, mi auguro che la sala cinematografica diventi un luogo dove si trascorre del tempo di qualità, dove si possono fare anche altre attività oltre alla visione del film. Purtroppo, c’è uno scoglio strutturale perché le sale sono state progettate con una funzione specifica e ripensarle diversamente richiede investimenti considerevoli. Il mio auspicio è che la sala possa diventare un posto trasversale, capace di parlare a persone di tutte le estrazioni sociali, di tutte le lingue, di tutti i livelli culturali. Un vero punto d’incontro comunitario.

Casanova: “Per quanto riguarda le strategie future, dobbiamo far tornare i giovani in maniera più costante, ma senza abbattere drasticamente il costo del biglietto, che non risolverebbe il problema. Bisogna far comprendere alle persone il valore dell’esperienza cinematografica: i soldi spesi per un biglietto, anche se il film non piace completamente, sono comunque ben investiti in un’esperienza culturale. Nessuno si fa problemi per altre spese, per esempio, per una serata fuori. È la funzione sociale e culturale del cinema che va riscoperta e valorizzata nella sua unicità.”                                

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In un panorama in costante evoluzione, segnato da trasformazioni tecnologiche, crisi economiche e mutamenti nelle abitudini del pubblico, la sopravvivenza delle sale indipendenti sembra spesso una sfida ardua. Eppure, tre cinema marchigiani dimostrano che resistere è possibile, a patto di saper unire visione culturale, spirito imprenditoriale e un legame profondo con la comunità locale.

Il segreto? Una miscela di passione autentica, competenza maturata sul campo e capacità di rinnovarsi restando fedeli alla propria identità. Come sintetizza Andrea Cardarelli: “Dico sempre che se ci metti passione, se credi nel tuo lavoro, se ci investi – non solo in termini economici ma anche per avere un ritorno d’immagine – il pubblico percepisce che hai investito e ne è contento.

Giovanni Casanova parla di una “maledizione di famiglia“, mentre per Caterina Di Girolami è fondamentale “la fantasia e la creatività per uscire da quello che può sembrare un trend ovvio“. Tutti concordano sul fatto che il futuro passa attraverso la capacità di reinventarsi senza tradire la propria identità, offrendo al pubblico esperienze che vanno oltre la semplice proiezione.

Noi abbiamo coniato un piccolo slogan – conclude Andrea, della Sala degli Artisti – ‘Il cinema in centro, il cinema al centro‘. Il cinema deve stare sempre al centro, non solo fisicamente al centro della città, ma anche al centro dell’attenzione. Il cinema è tante cose, non è solo visione di film.”

A cura di Leonardo Nicolì

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